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Nuova stangata e rincari per le autostrade

balzelloDal 1° gennaio, oltre ad altri provvedimenti, il governo Monti ha annunciato un rincaro medio sulla rete autostradale italiana pari al 3,1%, diverso è l’aumento sulle tratte gestite da Autovie Venete che saranno interessate da un’impennata pari al 12,93%.

Autovie Venete gestisce la A4 (Venezia-Trieste), la A23 (Palmanova-Udine sud) e la A28 (Portogruaro-Pordenone-Conegliano) e proprio gli investimenti per la terza corsia sulla A4, pari a 2 miliardi e 300 milioni di euro sono alla base dell’aumento dei pedaggi, a cui vanno comunque aggiunte altre variabili che determinano la composizione delle tariffe autostradali.

"La formula utilizzata per il calcolo dei pedaggi è quella del "price cap" che comprende il recupero dell’inflazione programmata più una serie di variabili […]" (p.11 del Messaggero Veneto di sabato 31 dicembre 2011).

Sulla scorta di quanto sintetizzato, alla luce dei dati che evidenziano come l’ipotesi di piano tariffario del raccordo autostradale Cimpello-Sequals-Gemona si aggirasse su cifre di circa tre volte superiori a quelle praticate sulle tratte gestite da Autovie Venete, sulla scorta della lettura dei dati pubblicati dalla Regione Friuli Venezia Giulia che attestano come dal 2007 sulla tratta Tarvisio-Udine il traffico nei due sensi di marcia sia diminuito ogni anno di oltre il 4%, viene spontaneo chiedersi se e come le tariffe prospettate per il raccordo A23-A28 dovranno aumentare per consentire all’ATI (Associazione Temporanea d’Impresa) che si aggiudicherà a breve la progettazione, costruzione e gestione dell’infrastruttura di rientrare nei 50 anni previsti degli investimenti. E ancora quanti saranno disposti a pagare cifre improponibili per percorrere soli 57,6 chilometri a una velocità massima di 110 chilometri orari, in presenza di due barriere a Zoppola e a Majano che rallenteranno ulteriormente la velocità media dei veicoli in transito?

Ma davvero alcuni amministratori locali non si rendono conto della mostruosità di un’infrastruttura inutile e fortemente impattante per i territori su cui si snoderà il manto stradale con tutte le opere di corredo (stazioni di servizio, svincoli, barriere, caselli, depositi)? E soprattutto, veramente nessuno vuole aprire gli occhi su un’opera che non verrà comunque utilizzata proprio a causa di un piano tariffario che, se da un lato dovrebbe consentire di rientrare degli investimenti, dall’altro la trasforma in una struttura economicamente proibitiva anche per quanti sino a ieri avrebbero potuto ritenerla vantaggiosa?

Davvero tutti dobbiamo inchinarci supinamente al cospetto di una mera speculazione, ammantata dal miraggio dello sviluppo e sospinta in avanti dallo spettro della recessione?

Gli investimenti e il lavoro, soprattutto in questa grave congiuntura economica, non sono da demonizzare, ma vanno gestiti e promossi con lungimiranza per servire un territorio, per fungere da volano anche per altre attività, non certo per deprimere un’area che, proprio sulle qualità del suo territorio può far leva per avviare un processo di sviluppo sostenibile.