150 motivi per dire NO alla TAV
Pro Natura Piemonte ALTRE 150 BREVI RAGIONI TECNICHE CONTRO IL TAV IN VAL DI SUSA Per i 150 anni dell’ Unità d’ Italia
(di Mario Cavargna, Presidente di Pro Natura Piemonte e master di ingegneria ambientale)
1) Una grande opera o è fortemente utile o è fortemente dannosa, perché richiede investimenti che vengono sottratti ad altri capitoli di spesa e perché ha un forte impatto sul territorio che la ospita. La questione fondamentale del progetto della nuova linea ferroviaria Lione-Torino, che è anche la più costosa opera pubblica mai progettata in Italia, è la sua inutilità, perché le ipotesi di traffico su cui si basa sono state smentite dalla realtà dei fatti, che mostrano una inarrestabile caduta dei movimenti di merci e di passeggeri sulla sua direttrice.
2) Al traforo del Frejus, il traffico merci della ferrovia esistente è sceso nel 2009 a 2,4 milioni di tonnellate (MT). Si tratta di poco più di un decimo del traffico di 20 MT che erano previsti all’orizzonte del 2010, dalla dichiarazione di Modane dei ministri dei trasporti italiano e francese. La diminuzione è stata largamente indipendente dai lavori di ampliamento del tunnel esistente, perché era cominciata due anni prima dei cantieri, aperti nel 2002, ed è proseguita in modo costante.
E’ incredibile che, con dati che si rivelano quasi un decimo di quelli previsti, l’intero arco politico ignori il fatto, non si ponga alcun problema della verifica delle previsioni e continui a premere sull’acceleratore di un progetto che ha perso ogni ragion d’essere.
3) L’insieme del traffico merci dei due tunnel autostradali del Frejus e del Monte Bianco è sceso nel 2009 a 18 MT, come nel 1988, cioè 22 anni fa. Il traffico merci del Frejus, nel 2009, è stato di 10 MT, come nel 1993; quello del Monte Bianco si attesta addirittura ai livelli degli anni ’70. La punta massima si è avuta tra il 1994 ed il 1998: da allora i due tunnel hanno perso un terzo del traffico. Questo dimostra che non c’è ragione di costruire delle nuove infrastrutture.
L’insostenibilità dei costi
4) A fronte della inconsistenza delle motivazioni, vi è l’insostenibilità del costo: per la parte comune italo-francese, che comprende il tunnel di base, il dossier presentato alla Unione Europea nel 2007, che rappresenta ancora il documento più attendibile essendo stato firmato dai due ministri competenti, preventiva, al gennaio 2006, il costo di 13,950 miliardi di euro correnti, comprensivi cioè degli oneri finanziari che si formano durante l’arco dei lavori, considerando che prima che l’opera sia finita decorrono gli interessi sulle parti già costruite. L’aumento derivante è calcolato intorno al 33% della cifra totale: il 63%, di questa cifra, che è a carico dell’Italia, corrisponde a 8,8 miliardi che, sommati ai 2 miliardi di euro di opere tecnologiche, fa un totale di 10,8 miliardi di euro.
5) Per la tratta italiana sino al raccordo con Torino, per cui non esiste il confronto con dati ufficiali più recenti, il costo in euro correnti ricavabile dal dossier presentato alla Unione Europea è di 5 miliardi, in valuta del gennaio 2006. A questi vanno sommati gli 0,8 miliardi di euro di opere tecnologiche.
Il totale dei costi a carico dell’Italia per la Torino-Lione sarebbe di almeno 17 miliardi di euro. In più ci sarebbero l’adeguamento dei prezzi, le modifiche di tracciato che hanno comportato oneri aggiuntivi, le eventuali mitigazioni e l’allungamento del periodo di lavori per problemi tecnici. Infine gli interventi necessari al nodo di Torino e l’acquisto del nuovo materiale rotabile, per il trasporto sia di merci sia di passeggeri.
6) Gli adeguamenti dei prezzi possono riservare sorprese. A livello di progetto preliminare per la tratta italiana della parte comune, presentata ad agosto 2010, viene dato un costo che è solo del 5,5% in più rispetto alla valutazione di 4 anni e mezzo prima. Ma a livello di progetto definitivo, per la galleria geognostica di Chiomonte, a maggio 2010, viene dato un costo che raddoppia quello del progetto preliminare del 2005, pur affermando che si tratta di un progetto talmente simile a quello di Venaus da poter essere riaffidato allo stesso gruppo di imprese che aveva vinto l’appalto precedente. Si passa dai 65 milioni di euro per 7 km di galleria (+19 milioni per un eventuale prolungamento di 3 km) del 2005, ai 137 milioni di euro per 7,5 km del progetto di maggio 2010. Il solo adeguamento dei prezzi 2004-2009 ha comportato un aumento del 30 % in 5 anni!
7) Su queste basi non sembra fuori luogo prevedere un raddoppio dei costi di tutta l’opera ed ipotizzare per la Torino-Lione un costo per l’Italia di 35 miliardi di euro, più le voci che, come si è detto, sono ancora da calcolare. I consuntivi per il progetto dell’Alta Velocità italiana fanno ritenere corretta tale cifra. Le spese della Roma-Firenze sono cresciute di 6,8 volte rispetto ai preventivi, quelle della Firenze-Bologna di 4 volte, quelle per la Milano-Torino di 5,6 volte rispetto al 1991. Il costo ipotizzato rappresenterebbe un aumento di 6 volte rispetto ai corrispondenti preventivi di 20 anni fa e quindi rientrerebbe nella norma.

Il costo al km dà dei dati impressionanti: se facciamo una media della intera parte comune italo-francese dividendo i 14 miliardi di euro della domanda di finanziamento all’Unione Europea per gli 80 km allora previsti, arriviamo ad un costo di 175 milioni di euro per km, in euro del gennaio 2006. Ma se dividiamo gli 8,8 miliardi che pagherà effettivamente l’Italia per i suoi 35,5 km della parte comune si arriva a 250 milioni per km. Per la tratta esclusivamente italiana, la valutazione è più incerta per via della mancata presentazione del tracciato preliminare, ma le notizie di stampa fornite dagli stessi proponenti ammettono un costo storico di 120 milioni di euro per Km, che, tradotto in euro correnti, corrisponde a 160 milioni di euro per km.
9) Le merci della nuova Torino-Lione non possono attraversare le gallerie del nodo di Torino, perché le normative di sicurezza impediscono il passaggio contemporaneo di passeggeri e merci nelle gallerie che passano sotto la città. Pertanto sarà necessaria la costruzione di una “Gronda merci” a Nord e Nord-Ovest della città, i cui costi andranno ad incrementare quelli del progetto perché il trattato vigente non riguarda il nodo di Torino.
10) Per quanto riguarda l’occupazione indotta, il progetto della tratta italiana della parte comune italo-francese, presentato ad agosto 2010, prevede una occupazione media di 1020 unità lavorative su una durata media di 7 anni. Rimanendo sempre all’ipotesi ottimistica di 8,8 miliardi di euro del 2006, per le opere civili, in termini di occupazione questa cifra, tenendo conto della globalità del lavoro indotto, corrisponde ad un preventivo di 9 milioni di euro per ogni addetto che lavori per 7 anni. Poiché 7 anni sono un quinto di una vita lavorativa questo significa, in termini di occupazione, che alimentare il settore delle grandi opere significa, per le risorse nazionali, investire 45-50 milioni di euro per ogni addetto, cioè poco meno di 100 miliardi di vecchie lire. Ci si può chiedere quanti interventi a favore dell’occupazione, della sanità o dell’istruzione pubblica si potrebbero fare utilizzando diversamente importi di questo peso. E quanto costi allo stato alimentare questo settore anche oltre le effettive necessità infrastrutturali.
11) Il tunnel di base avrà costi altissimi anche per la sola manutenzione ordinaria. Per questa voce, in cui incidono fortemente le spese di raffreddamento, necessario per far scendere la temperatura a 32°C, i proponenti preventivano 65 milioni di euro all’anno. Remy Prud’homme, professore emerito di economia alla Università di Parigi, sulla base dei costi del TGV France Nord, ha calcolato il costo annuale di gestione sulla base del 3,2% dell’investimento, che significherebbe una spesa di 450 milioni di euro.
12) Ma questo sarebbe solo l’inizio: il presidente della Commissione Trasporti del Parlamento Europeo, Paolo Costa, in una lettera del 2008 a “La Stampa”, ha scritto che dopo la Torino-Lione bisogna trovare altri 26 miliardi (di primo preventivo) per completare il corridoio italiano sino alla frontiera slovena. Anche qui si tratta di cifre di cui bisogna ipotizzare perlomeno il raddoppio e che, sommate a quelle che sarebbero necessarie per la Torino-Lione, danno l’idea di quale sia l’entità dell’esborso che è nell’interesse di tutti fermare, prima che affondi l’economia italiana.
13) I fondi necessari per la Torino Lione sono direttamente sottratti ad altri interventi. Già con i primissimi finanziamenti necessari al tunnel geognostico di Chiomonte si è cominciato a prelevare dai fondi che erano già destinati ad altri capitoli di spesa: in questo caso all’ art. 6 del DL 112/2008, che assegnava risorse alla messa in sicurezza delle scuole, alle opere di risanamento ambientale e all’innovazione tecnologica. L’economista Marco Ponti, insieme ad altri, ha calcolato che sulla base dei soli preventivi esistenti, la Torino-Lione costerà 1300 euro per ogni famiglia media italiana di quattro persone.
Le critiche ufficiali al progetto
14) Le due perizie più autorevoli fatte sulla Torino-Lione sono quella commissionata dal Ministro dei Trasporti francese a Christian Brossier ed ad altri due esperti del Conseil Général des Ponts et Chaussées, e resa pubblica a maggio 1998. Vi è poi quella del cosiddetto “audit” sui grandi progetti ferroviari, commissionato dal Governo francese al Conseil Général des Ponts et Chaussées, presentata a maggio del 2003: entrambe hanno stroncato decisamente il progetto. In Italia non è mai stata fatta una analoga verifica.
15) Il rapporto Brossier dice che “occorre attendere l’evoluzione del contesto internazionale e particolarmente in Svizzera ed Austria, prima di intraprendere un nuovo traforo sotto le Alpi”; che il nuovo tunnel per il TGV e l’autostrada ferroviaria sulla Torino-Lione “non sono una priorità”, e che “conviene intervenire sulla linea esistente”.
16) Nell’audit realizzato nel 2003 dal Conseil Général des Ponts et Chaussées sui progetti di grandi infrastrutture ferroviarie, la stroncatura della Torino-Lione, sotto tutti i punti di vista, è ancora più netta. Le proiezioni presentate da LTF vengono giudicate inattendibili. L’audit rileva che “la capacità di trasporto dei nuovi itinerari svizzeri si collocherà tra 40 e 65 MT all’anno, e che saranno in netta concorrenza con gli itinerari francesi”. Sviluppando diverse simulazioni, conclude che nell’orizzonte ventennale del 2023 “al Frejus passerà un traffico nettamente inferiore (!) a quello del recente passato e che la Lione-Torino sarà ininfluente nel rapporto gomma/rotaia ma, al massimo, si limiterà a catturare un traffico che sarebbe transitato non per i tunnel autostradali del Frejus e del Monte Bianco, ma per le ferrovie svizzere”.
L’audit non fu posto in votazione perché i deputati della regione Rhone Alpes minacciarono di ritirare l’appoggio al governo.
17 ) Remy Prud’homme, economista, professore emerito di Economia all’Università di Parigi, che si è interessato delle linee ad alta velocità francesi, ha valutato anche il progetto della Lione- Torino, giungendo alla conclusione che la linea comporterebbe uno spreco di circa 19 miliardi di euro per la tratta internazionale, anche quando si accettino il punto di vista dei proponenti sui cosidetti benefici esterni dell’opera.
18 ) Marco Ponti, professore di Economia dei Trasporti al Politecnico di Milano, Marco Boitani, professore di Economia Politica all’Università di Milano e Francesco Ramella, ingegnere di trasporti, tutti e tre importanti articolisti su giornali economici come “Il Sole 24 Ore”, hanno pubblicato nel 2007 un lungo saggio dal titolo “Le ragioni liberali del No alla Torino-Lione”, che sottolinea “la inesistenza di una domanda passeggeri merci tale da giustificare questa linea”. Per Marco Ponti, che è stato il primo, nel 2005, a calcolare il preventivo per la nuova linea in 17 miliardi di euro di allora, “questo progetto non andava neppure presentato“. Se lo si fosse ascoltato, l’Italia avrebbe già risparmiato spese per mezzo miliardo di euro.
19) Una ricerca svolta all’Università di Siena da M. Federici e continuata da M.V. Chester e A. Horvarth sottolinea che “Il trasporto ferroviario è peggiore del trasporto stradale per le emissioni di CO2, particolato ed SOx, mentre sono confrontabili i valori di altre specie gassose. Il TAV mostra valori sistematicamente peggiori del trasporto ferroviario classico e la causa è da ricercarsi nella eccessiva infrastrutturazione del TAV e nella eccessiva potenza dei treni: un TAV emette il 26% di CO2 in più rispetto ad un treno classico ed il 270% in più rispetto ad un camion. Quindi da un punto di vista energetico ambientale il trasferimento delle merci dalla gomma al TAV non trova nessuna giustificazione. Questi risultati, relativi al tratto Bologna-Firenze, sono assolutamente applicabili anche al progetto della Val di Susa, in entrambi i casi si tratta di opere assolutamente sproporzionate ed ingiustificate rispetto al carico di trasporto che possono avere.”
L’ampia capacità delle infrastrutture esistenti
20) Il Trattato italo-francese, firmato a Torino il 29 gennaio 2001, dice al primo articolo che la nuova linea “dovrà entrare in servizio alla data di saturazione delle opere esistenti”, e l’avvocatura di stato francese ha sentenziato nel 2003 che questo significa che se non c’è prospettiva di saturazione, non c’è impegno. Da allora la saturazione dei valichi italo-francesi, sia ferroviari sia autostradali, non solo non si è avvicinata, ma è addirittura svanita dall’orizzonte, a causa della radicale e duratura inversione di tendenza: eppure il progetto è rimasto.
21) La Valle di Susa ospita già la linea ferroviaria internazionale del Frejus il cui binario di salita è stato terminato solo nel 1984 e su cui, da sempre, si susseguono lavori di ampliamento ed ammodernamento, per mantenerla ai massimi livelli di efficienza. Sino al 2000 è stata la seconda ferrovia come volume di traffico con l’estero, poi ha cominciato a calare ed a perdere posizioni. I lavori effettuati tra il 2002 ed il dicembre 2010 l’hanno riportata ai migliori livelli di funzionalità tra i tunnel ferroviari esistenti, ma nella tratta alpina è stata utilizzata negli ultimi tre anni mediamente per meno di un quarto della sua capacità. Sembra ovvio che prima di costruire nuove infrastrutture si debba dimostrare di saper sfruttare quelle esistenti.
22) Il tunnel della attuale ferrovia del Frejus è stato rifatto per permettere il transito dei container su camion sino alla sagoma di 4,05 metri, ed è agibile da dicembre 2010: i lavori hanno restituito un’opera grandiosa e modernissima. La questione della differenza di sagoma con i 4,20 del nuovo progetto è peregrina, perché anche i più grandi container passano senza problemi, se non sono caricati su di un camion ed un pianale alto tipo Modalhor: pertanto il nuovo progetto è del tutto inutile.
23) In Val di Susa tra il 1973 ed il 1994 sono stati costruiti anche il tunnel autostradale e l’autostrada del Frejus. La loro realizzazione ha causato irreparabili ferite al territorio: un loro ragionevole utilizzo ai livelli attuali evita che i danni sopportati si trasformino in una beffa. Anche perché l’efficienza energetica e l’abbattimento delle emissioni dei camion attuali ribaltano il vantaggio ambientale delle ferrovie dal punto di vista delle emissioni e del rendimento energetico.
24) Il Piemonte ha già una sufficiente rete di collegamenti: ad Ovest un tunnel autostradale ed un tunnel ferroviario transalpini, a Nord può sfruttare in modo quasi esclusivo i due della Valle d’Aosta. A Sud è a ridosso dei tre grandi porti della Liguria a cui è collegato da 3 autostrade, e ad Est è collegato con la pianura Padana da tre ferrovie e due autostrade.
25) Non è vero che le infrastrutture creino un vantaggio in un territorio già ben servito. Le imprese emigrano verso paesi stranieri che hanno strutture per i trasporti decisamente inferiori alle nostre, perché là il costo del lavoro è minore e perché l’ Italia non ha risorse per ridare competitività e per incentivare ricerca ed innovazione. Pertanto i miliardi destinati alla Torino-Lione, che vengono sottratti a questi capitoli di spesa, penalizzano l’Italia.
26) L’insieme delle nostre infrastrutture transalpine è utilizzato al 30% della sua capacità, in un quadro in cui anche la domanda globale di trasporto attraverso le Alpi ha cominciato a scendere ovunque. Le situazioni di collasso e di ingolfamento sono tutte nei nodi urbani, ed è lì che bisogna intervenire: la Torino-Lione affronta il problema dei trasporti dal verso sbagliato, dilatando la capienza ai valichi dove essa è sovrabbondante anche negli scenari futuri e sottraendo risorse che sarebbero necessarie a risolvere il congestionamento delle strutture urbane.
La caduta del traffico merci su questa direttrice alpina
27) Anche escludendo l’anno di crisi del 2009, dal 2005 al 2008 il traffico delle merci al traforo autostradale del Frejus è calato del 12%, che equivarrebbe, tra 20 anni, ad avere una ulteriore riduzione del 60% dei TIR rispetto ad oggi, anche in assenza di qualsiasi intervento. Le previsioni di alluvioni di TIR attraverso le nostre Alpi si rivelano del tutto false.
28) La perdita di traffico mercantile da parte dei tunnel alpini italo-francesi, sia ferroviario sia stradale, è dovuta al fatto che Italia e Francia sono due economie mature che scambiano meno che in passato perché il mercato globale ha sostituito quello reciproco. I traffici transalpini hanno avuto un incremento solo per la crescita di quegli stati che hanno avuto un rapido sviluppo economico dopo la loro adesione all’Unione Europea: il primo era stato la Spagna, a seguito della quale il valico di Ventimiglia decrebbe fortemente tra il 1994 e 2004. Ma da 6 anni anche questo è rimasto stabile come prevede la curva matematica che descrive tutti fenomeni di saturazione, compresi quelli dei mercati dei beni di consumo.
29) I soli valichi alpini che hanno avuto una crescita in periodi recenti sono quelli della direttrice Nord-Sud, per il collegamento con le economie dell’ex blocco sovietico che si sono unite alla Unione Europea, ma la Torino-Lione è inequivocabilmente una direttrice Est – Ovest, sul margine occidentale della penisola e non può intercettare nulla. Il valico del Brennero è arrivato quasi a 50 MT tra strada e ferrovia: ma dal 2008 sono comparsi i segni del consueto termine della crescita e nel 2009 è sceso a 39 MT (ha perso cioè il 22% in due anni).
30) La caduta dei traffici ha spinto l’Austria a mettere una moratoria di cinque anni sul progetto del traforo ferroviario del Brennero i cui lavori dovevano iniziare nel 2011. E’ la premessa ad una sua definitiva cancellazione, perché negli ambienti governativi non ci si fa illusione su un miglioramento della situazione e gli investimenti sono stati indirizzati su opere minori. Se ci si è fermati sulla direttrice del Brennero dove, all’interno del traffico totale, il transito internazionale è di 39 MT, come si può continuare su quella del Frejus, dove il transito è di soli 2.5 MT?
31) Le cose non vanno meglio per il traffico passeggeri internazionale. Nel 1993, alla presentazione del progetto, i passeggeri erano 1,5 milioni e si prevedeva che salissero ad 8,5 milioni nel 2002, invece sono scesi a 750.000!
Dati reali contro false previsioni
32) Le previsioni di traffici sono l’elemento fondamentale per la decisione su di una grande infrastruttura di trasporto perché è da esse che si deve capire se l’intervento avrà una sua utilità o peserà con un gigantesco buco finanziario. Per convenzione, la fonte dei dati storici transalpini sono le statistiche ALPINFO elaborate annualmente presso il Dipartimento Federale dei Trasporti svizzero, che armonizza le diverse rilevazioni nazionali per quantificare con precisione i flussi di merci passanti attraverso i 17 più importanti valichi dell’arco alpino. Ma i proponenti della Torino-Lione, pur riconoscendole, non hanno mai accettato di confrontarsi con esse; manca quindi loro l’elemento essenziale per convalidare il progetto.
33) Tutto il progetto della Torino-Lione si basa su un modello di previsioni creato da LTF, con condizioni particolarissime, che non tiene conto delle rilevazioni dei transiti come quelle di Alpinfo e non ha mai accettato di discutere la propria validità o la propria taratura, anche quando si è visto che, dal 2002, i suoi dati mostravano una tendenza opposta all’andamento effettivo della ferrovia attuale. Il primo criterio per convalidare un modello è quello di poter descrivere l’andamento dei dati esistenti; eppure, anche se ad oggi lo scostamento tra dati reali e dati previsti è del 500%, cioè 2,2 MT reali contro i 10 MT previsti da LTF per il 2009, e la curva di discesa dei dati reali è convalidata da un andamento omogeneo dal 2000 al 2009, LTF non ha mai operato alcun ripensamento.
Ma anche l’ Osservatorio, nonostante la discordanza dei dati non ha mai messo in discussione il modello proposto da LTF.
34 ) Le previsioni di traffici merci della Torino-Lione sono state calcolate anche dalla SBB che si occupa del progetto di traforo ferroviario del Brennero. Il loro modello, applicato ai dati Alpinfo, prevede che il nostro asse ferroviario, fatti gli opportuni interventi, possa stabilizzarsi appena sopra 10 MT, ed all’orizzonte del 2025, le loro previsioni danno un traffico di 11 MT che è circa un quarto di quello di 40 MT “previsto” da LTF per il 2030 ! Ma anche di fronte a questo dato l’ Osservatorio e LTF non hanno fatto alcuna verifica ed hanno sentenziato che è SBB a dover cambiare i propri metodi di calcolo .
35) Una delle più gravi omissioni delle previsioni di LTF è la mancata valutazione dell’impatto sui trasporti transalpini che sarà creata dalla messa in esercizio delle due direttrici ferroviarie che la Svizzera ha concordato con l’Unione Europea, per accettare il traffico merci in attraversamento lungo il suo territorio. L’ampliamento del Lötschberg-Sempione (già in esercizio) per ulteriori 20 MT e soprattutto il Gottardo (in esercizio dal 2017) per 40 MT, creeranno una forte capacità di traffico, mettendo insieme la tradizionale efficienza ferroviaria svizzera con la necessità di utilizzare a fondo le strutture costruite per compensare i costi di realizzazione. Questo provocherà una nuova concorrenza che renderà ancor più labili le prospettive di utilizzo dei nostri valichi occidentali.
36) L’indifferenza verso la fornitura di dati scorretti e tendenziosi, a puro scopo di propaganda, si è resa evidente anche nel grande stand che fu allestito dalla Regione nell’atrio di Porta Nuova tra il gennaio 2006 ed il 2007. Val la pena di ricordare alcuni dei grandi slogan che campeggiavano dietro le pareti di cristallo: “Il traffico commerciale delle Alpi è cresciuto di 11 volte in 25 anni”, “La attuale linea ferroviaria Torino-Lione non può più far fronte al sempre maggiore aumento di scambi commerciali (!)”, “In assenza della nuova linea ferroviaria la ferrovia raggiungerà il suo limite di capacità tra il 2015 ed il 2017 (!)”. Queste affermazioni erano irrealistiche allora e lo sono in modo ancor più evidente oggi, ma val la pena di sottolineare la prima perché evidenzia bene il modo in cui procedevano i promotori: il tabulato 1980-2004 di Alpinfo, l’ultimo ad essere disponibile in quel momento, dava una crescita sull’arco alpino del 117%. Quindi LTF e la Regione avevano addirittura omesso una virgola, ma non hanno corretto il dato neppure di fronte ad un esposto per propaganda scorretta e tendenziosa.
37) Va anche sottolineato che l’Osservatorio ha capovolto la questione: il trattato di Torino motiva il tunnel di base con l’ipotesi della saturazione dei valichi. Ma l’Osservatorio, visto che non c’è questa prospettiva, ha lavorato per dimostrare la presunta saturazione della linea di pianura, “se si fa il tunnel di base”!
Per la Valle di Susa vi è anche un’altra una questione di fondo: è inaccettabile sviluppare iniziative che dirottino artificialmente i traffici su una sola direttrice, anche a scapito delle strade naturali, perché nessun territorio può essere sacrificato a corridoio di traffico a vantaggio di altri.
Il flop dell’Autostrada Ferroviaria e del trasferimento modale
38) L’Autostrada Ferroviaria Alpina era lo strumento con cui si doveva realizzare l ‘ Alta Capacità ed il trasferimento modale. Secondo il Rapporto Finale di Alpetunnel, che è alla base del Trattato di Torino del 2001, l’Autostrada Ferroviaria della nuova linea (A. F. A.) sarebbe stata costituita da vagoni di nuovo tipo, i Modalohr, per formare treni tre volte più lunghi e più pesanti dei merci attuali, che potevano arrivare a 1500 metri di lunghezza. Ogni convoglio sarebbe stato formato da 70 vagoni che caricavano un TIR completo, motrice compresa. E’ stata l’ipotesi di questi treni, che impone le pendenze inferiori al 15‰, ad aver imposto la scelta del tunnel di base e le sagome. Ma, dopo 7 anni di sperimentazione, i risultati di questo sistema sono stati disastrosi, mancando tutti gli obiettivi, e l’ultimo progetto relega l’uso dei Modalohr ad un misero 15% del totale.
39) Il servizio sperimentale era iniziato a novembre 2003 sulla linea attuale. Era nato con 4 coppie di treni da 17 carri al giorno, che presto sarebbero dovute salire ad 8 coppie. Le coppie sono rimaste 4, ma ogni treno, dal 2006, è stato ridotto ad 11 carri: il motivo della riduzione è stato l’insuccesso tecnico ed economico della sperimentazione, nonostante l’impegno ed i finanziamenti spesi dai due governi che l’avevano indicata come elemento esclusivo e qualificante della nuova linea.
40) L’ Autostrada ferroviaria con i Modalohr è stata un completo fallimento: i TIR completi, per cui è stata costruita, sono solo una piccola quota dei ridottissimi traffici che riesce a catturare. Il resto sono semirimorchi di merci pericolose che viaggiavano sulla ferrovia già da prima, con due treni che sono stati soppressi per darle spazio. Tutto compreso, l’A.F.A. ha trasportato 15- 17.000 mezzi all’anno: contro gli 800.000 che passavano nel tunnel autostradale del Frejus. Il che vuol dire che è riuscita ad assorbire solo il 2% del traffico su strada anche nelle condizioni più agevolate.
41) Ma il fallimento è soprattutto nel deficit di gestione: nei primi sei anni, i due stati hanno versato 45,5 milioni di euro ciascuno. Questo importo, sommato al deficit di bilancio e diviso per 15.000 – 17.000 viaggi all’anno, dà un deficit di 1.000 euro a carico delle finanze pubbliche per ogni viaggio di camion sulla Autostrada Ferroviaria, in aggiunta ai circa 300 euro che paga l’autista.
42) Il presidente dell’Autostrada Ferroviaria Alpina nel 1° “Quaderno” dell’ Osservatorio, ammette che i ricavi rappresentano solo il 33% dei puri costi ed pagina 152 afferma: “Da questa analisi economica e finanziaria del progetto risulta che non c’è speranza di poter rendere redditizio il traffico accompagnato (cioè il TIR + autista, che è la chiave del progetto) che pesa fortemente sul bilancio, occupando inutilmente la capacità sui vagoni ed imponendo spese. Ci si deve chiedere se c’è interesse a mantenere un traffico accompagnato al di là del 2008”. Anche la Hupac, il principale operatore del trasporto combinato in Europa, in una audizione nello stesso dossier ha affermato che “il servizio, che costituisce solo il 3,5% del totale, è svolto per mandato governativo ed ha carattere residuale in quanto è poco conveniente economicamente e poco efficiente sotto il profilo ferroviario”.
43) L’autostrada ferroviaria è un sistema sbagliato anche dal punto di vista energetico: caricare la motrice vuol dire trasportare come peso morto la parte più importante del camion. Il rapporto COWI commissionato dalla Direzione Trasporti della Unione Europea nel 2006 calcola che, in un anno, un convoglio merci ordinario trasporta 175.000 tonnellate di merci mentre, a parità di peso dei treni, un convoglio della autostrada ferroviaria trasporta solo 75.000 tonnellate, cioè meno della metà. In pratica, l’Autostrada Ferroviaria dimezza la capacità della linea in tonnellaggio di merci trasportate e di conseguenza raddoppia il consumo energetico!
44) L’ autostrada ferroviaria dimezza le capacità di una linea, raddoppia il consumo energetico 7
ed è economicamente disastrosa. Per trasportare le merci è decisamente preferibile e meno costoso caricare in ferrovia solo il semirimorchio ed avere solo a destinazione la motrice che lo porta al destinatario in un breve raggio. Meglio ancora conviene trasportare sulla ferrovia il solo container, soprattutto quelli che arrivano via mare. Non ha senso né da un punto di vista energetico né da quello economico sbarcare il container dalla nave, caricarlo su un camion e poi caricare il camion sulla ferrovia!
Le favole del corridoio 5, della sicurezza, del risparmio energetico e del trasferimento modale
45) La favola più citata è quella di un corridoio di traffico esteso tra Lisbona e Kiev. Il cosiddetto Corridoio 5 non è che una linea geografica che ha prolungato artificiosamente, da una parte e dall’altra, il tratto tra Lione e la pianura Padana. Si può definire “corridoio” una direttrice di traffico che è percorsa in modo uniforme per gran parte del suo sviluppo, ed in questo caso merita una infrastrutturazione uniforme; ma se si tratta solo di segmenti, alcuni dei quali insignificanti dal punto di vista del traffico, darle una strutturazione uniforme significa solo un immenso ed ingiustificato spreco. Si è già visto che il traffico tra Lione e la pianura Padana è scarso, ed in diminuzione da un decennio, figuriamoci quello tra aree che hanno caratteristiche enormemente inferiori!
Il traffico merci che entra in Italia dalla Penisola iberica sceglie l’itinerario costiero, senza “risalire” a Lione, e l’Unione Europea stessa lo ha già scorporato dall’itinerario 5. Ad Ovest, a parte il pochissimo traffico di prossimità con la Slovenia e l’Ungheria, tutto il traffico di questo asse che si sviluppi su tratte di sufficiente lunghezza, e su volumi sufficientemente importanti da render conveniente il treno, ha più convenienza a prendere l’itinerario via mare, dalla costa del Mediterraneo a quella del Mar Nero, che gli è parallelo.
46) Infatti le rilevazioni dei transiti indicano che non esiste un vero corridoio merci neppure tra Lione e Torino, perché la linea ferroviaria merci francese che dovrebbe immettersi nel nostro tunnel di base proviene da Digione, dove si concentra il traffico proveniente da Nord – Ovest, che è quello maggioritario, mentre quello proveniente dalla Francia del Nord e dalla Gran Bretagna va su Milano attraverso il Sempione, che è il suo asse naturale. Il traffico su strada che attraversa il tunnel autostradale del Frejus è invece per due terzi un traffico di prossimità tra le regioni Piemonte e Lombardia e le omologhe francesi.
47) Un’ altra favola è quella della maggior sicurezza della nuova linea. La LTF, che progetta la ferrovia Lione-Torino, prevede nel modello di esercizio 250 treni al giorno, che nelle ore di punta, si susseguano, per ogni senso di marcia, in sequenze composte ciascuna da un treno TGV a 220 km/h, tre treni di autostrada ferroviaria a 120 km/h e due treni merci a 100 km/h.
Proviamo a vedere come si svolgerebbe questo traffico dove per almeno 84 km non vi siano possibilità di sorpasso. Prima entrerebbe nel tunnel un TGV poi, subito dopo, i 5 merci, a circa 5 minuti di distanza l’uno dall’altro: 3 minuti dei quali dovuti alla distanza di sicurezza. Poi, ci dovrebbe essere una pausa di 20 minuti, più le distanze di sicurezza, perchè altrimenti il TGV dell’ora successiva, con una differenza di velocità di almeno 120 km/h rispetto all’ultimo merci, lo raggiungerebbe e lo investirebbe. Sulla linea attuale questo rischio è quasi inesistente perché le differenze di velocità sono minori e ci sono diversi punti di scartamento per far sorpassare i treni lenti.
48) Nella nuova linea ogni treno potrebbe tardare od accelerare solo di due minuti e, tutti insieme, avrebbero solo un margine di 5 minuti ogni ora: se l’errore fosse superiore, scatterebbero blocchi del traffico oppure tamponamenti nel tunnel a velocità elevatissima, perché questo modello di esercizio di 250 treni al giorno con TGV/TAV a 220 km/h, funziona solo se i treni merci e passeggeri convenzionali entrano nel tunnel alla massima velocità consentita e la mantengono sempre, anche prima di scartarsi su di un altro binario e di reimmettersi in linea, altrimenti le distanze diventano rapidamente insufficienti. Il problema è irrisolvibile a meno di far viaggiare i TAV alla velocità dei merci, ma questo diminuirebbe l’interesse per il tunnel di base.
49) Se si parla di sicurezza del sistema bisogna immaginare lo stato d’animo dei macchinisti che dovrebbero viaggiare dentro al tunnel alla massima velocità, senza sforare dai due minuti loro concessi, sperando che i colleghi davanti e dietro facciano lo stesso; quello degli autisti, che dovrebbero prendere i treni con i loro camion ed il loro carico in quelle condizioni ed infine quello dei passeggeri dei TGV che viaggerebbero a 220 km/h nel tunnel di base, sapendo di avere davanti a sé treni merci e carichi di TIR, molto più lenti, che devono scartarsi e reimmettersi con margini temporali da brivido.
50) La nuova linea, volendo ospitare i due tipi di traffico, avrebbe una capacità appena del 10% superiore rispetto a quella attuale, quindi soli 250 treni contro i 225 di cui si è detto che è capace la linea attuale (cfr. 61), e non i 350-400 che si favoleggiano per la cosiddetta Alta Capacità.
51) Anche il risparmio energetico del tunnel di base è una favola. Nella realtà il progetto e l’esercizio della nuova linea comporterebbe uno spreco di energia nettamente maggiore di qualunque risparmio, anche nelle ipotetiche migliori condizioni. Come si è già detto al punto 43, un treno della autostrada ferroviaria trasporta un peso utile che è solo il 42% di quello di un treno merci ordinario, di conseguenza il consumo energetico è di oltre due volte a parità di peso netto trasportato. In più, la ricerca già citata condotta da M. Federici ed altri all’Università di Siena, a partire dal 2006 ha dimostrato che “il TAV mostra valori sistematicamente peggiori del trasporto ferroviario classico e la causa è da ricercarsi nella eccessiva infrastrutturazione del TAV e nella eccessiva potenza dei treni. Un TAV emette un 26% di CO2 in più rispetto ad un treno classico e il 270% in più rispetto ad un camion”.
52) In più va ancora calcolato l’enorme consumo energetico richiesto dal raffreddamento del tunnel per portare a 32°C l’ambiente caldo di roccia profonda che arriva a superare i 60°C. I 20 MW termici necessari secondo il progetto preliminare, presentato ad agosto 2010, corrispondono al consumo annuo di 175 milioni di kW/h. Sommati ai 12-15 milioni di kW/h necessari alla ventilazione dei 120 km di gallerie, questi bastano a rendere passivo il bilancio energetico del tunnel di base, anche nelle ipotetiche condizioni di pieno utilizzo.
53) Un cenno a parte merita l’insistenza sulla parola “strategico” data come una parola magica che giustifica tutto e sulla asserzione che l’investimento in una opera pubblica possa essere una scommessa. Nessuna strategia può prescindere dalla conoscenza dei fatti, e se i fatti non si conoscono, nessuna azione può essere di per sé strategica. Un investimento non può mai essere una scommessa perché le scommesse si affidano alla dea Fortuna; e questo non può essere il comportamento per cui un amministratore viene scelto dagli elettori.
La favola della piattaforma logistica e della concorrenza al traffico marittimo
54) L’ultimo slogan inventato per sostenere la Torino-Lione è che l’Italia, e Genova in particolare, sarebbe il posto ideale per intercettare le navi porta containers che arrivano da Suez con destinazione i porti del Nord Europa, per portare loro le merci su ferrovia attraverso i tunnel transalpini. Ma probabilmente nessuno ha fatto i conti.
Una nave porta containers, una volta arrivata nel canale di Sicilia, se invece di “risalire” a Genova prosegue per Amsterdam-Rotterdam, impiega 4 giorni di più. Poiché il costo di nolo, carburante ed assicurazione di una nave di tale tipo è di circa 100.000 dollari Usa al giorno, spenderebbe 400.000 dollari in più che, divisi per un carico di poco meno di 4.000 containers, danno un costo di poco superiore ai 100 dollari per container. Come si può pensare di fare concorrenza scaricando il container a Genova, metterlo su un camion, mettere il camion su un treno e pagare il nolo della nuova ferrovia e del tunnel di base, per portarlo nel cuore dell’Europa?
55) Spostare le merci via mare costa molto meno che spostarle per terra: conviene quindi arrivare ai porti più vicini. Così ogni stato si è organizzato con i propri: Genova ed i porti liguri per l’area padana, Gioia Tauro per l’ Italia centro-meridionale, Trieste e Rijeka (Fiume) per l’Austria e l’area balcanica, Marsiglia-Fos per la Francia, Valencia per la Spagna, il Pireo per il resto dei Balcani, Tunisi ed Alessandria per la sponda africana, Odessa per l’Ucraina e naturalmente Amsterdam e Rotterdam per la fetta più grossa, che comprende Germania e l’Europa centrale. Perché dovrebbero rinunciare alle loro strutture per prendere una ferrovia tra Lione e Torino?
56) I porti possono anche alleggerire direttamente il traffico di origine terrestre con le cosiddette autostrade del mare, che sono un programma prioritario dell’Unione Europea. Si tratta di navi traghetto che imbarcano i mezzi pesanti evitando loro di percorrere le congestionate vie terrestri. Ne sono già in funzione alcuni servizi tra Barcellona, Marsiglia e Genova. Recentemente la UE ha finanziato quello tra il porto atlantico francese di Nantes Saint-Nazaire e l’analogo spagnolo. Toglierà dalla strada il 5% del traffico corrispondente attraverso ai Pirenei e tra 5 anni se ne attende un raddoppio. Si tratta di trasferimenti modali comparabili con quelli che i progettisti hanno immaginato per la Torino-Lione, ma con costi di installazione irrilevanti perché i porti ci sono già. Un motivo di più per rilevare che le immense risorse destinate alla Torino-Lione sarebbero completamente sprecate.
57) E’ impossibile che la ferrovia strappi dei movimenti di merci al traffico marittimo, e ci sono solidi motivi per cui il 90% del traffico internazionale mondiale viaggia via mare. Il mezzo marittimo offre unità di trasporto con enormi capacità di carico, e quindi un altrettanto enorme abbattimento dei costi. Una nave che porti 4.000 container – che non è certo tra le più grosse-Trasporta quanto 50-80 treni.
Le favole aggiunte dai “Quaderni” dell’Osservatorio
58) Stabilito che la linea da Bussoleno a Modane non corre pericoli di saturazione, si è lavorato a dimostrare la possibilità di saturazione di quella tra Bussoleno e Torino.
59) Si è raddoppiato il numero dei treni merci necessari a trasportare lo stesso quantitativo di merci prevedendo che l’Autostrada Ferroviaria utilizzasse solo carri Modalohr che, trasportando anche la motrice, dimezzano il carico utile e raddoppiano il numero dei treni necessari.
60) Si è accettato che quasi metà della capacità della linea esistente venga “sequestrata” dalla Agenzia di Mobilità Metropolitana che ha immaginato di mettervi sopra 80 treni merci al giorno in concorrenza con la metropolitana. A parte che si tratta di un progetto che in 10 anni non ha raccolto alcuna fattibilità finanziaria, si è arrivati all’assurdo che diventa necessario costruire una nuova linea internazionale ed un tunnel di base perché la parte intorno a Torino della linea esistente viene occupata da un progetto cittadino, anziché essere quest’ultimo ad aggiungere un eventuale binario. L’Osservatorio ha scritto nei “Quaderni” che quello della Agenzia di Mobilità Metropolitana non è un “progetto”, ma un “desiderio di utilizzo”; intanto però è passato il principio assurdo per cui debba essere la linea internazionale esistente a doversi riprogettare in funzione di esso.
61) Tutte le tesi sono piene dei modi con cui RFI e LTF hanno cercato di confondere la realtà. Nei “Quaderni” dell’Osservatorio, RFI ha accettato per la linea attuale una potenzialità di soli 152 treni al giorno, ma il suo capo compartimento, in un convegno tenutosi all’Unione Industriale di Torino l’anno precedente, aveva ammesso la capacità di 230 treni al giorno, cosa del tutto verosimile, considerando che la linea del Gottardo ha una capacità “commerciale” di 220 treni. RFI e l’Osservatorio hanno mirato solo a far risultare che la linea attuale non raggiunga la potenzialità di trasporto di 20 MT, che però è sempre stata ammessa nei precedenti documenti ufficiali, per poterla dichiarare insufficiente di fronte all’obiettivo politico dei 20 MT nel successivo decennio.
62) I “Quaderni” non hanno fatto un confronto critico con i limiti e le capacità di altre tratte ferroviarie analoghe, gestite da altri soggetti, come il Lötschberg ed il Gottardo. Si scrive che i vincoli di utilizzo del corridoio del Frejus sono legati alla insufficienza della sagoma, ma non si dice che questo vincolo è legato all’utilizzo dei carri Modalohr.
La inaffidabilità di LTF
63) Per comprendere il modo di lavorare di LTF val la pena di guardare alla struttura del suo modello di previsione. Non è partito da rilevazioni statistiche, ma da una inchiesta di origine e destinazione su un campione di TIR corrispondente circa allo 0,5% dei transiti dell’area. Poi ha creato una rete di tutte le direttici di traffico esistenti per poter permettere al suo modello di spostare tranquillamente i traffici da qualsiasi parte, ed ha posto dei vincoli assolutamente di fantasia sulla capacità futura degli altri valichi alpini. Infine ha posto sulla Torino-Lione la condizione di preferenza grazie all’uso esclusivo dei carri Modalohr. Così facendo ha potuto immaginare che l’’aumento del traffico ferroviario previsto tra 2020 e 2050 su TUTTO l’arco alpino, corrispondente per lei a (132 MT – 85 MT) = 47 MT, si trasferisca sulla Val di Susa per 37,5 MT, cioè per l’ 80%: il che è un assurdo in tutti i sensi!
64) LTF si è dimostrata priva di affidabilità tecnica: le tre opere di scavo che ha gestito, si sono dimostrate un clamoroso fallimento. Per la discenderia di Modane, lunga 4.000 m, ha impiegato 5 anni, corrispondenti in media a 2 metri di scavo al giorno. Per quella di La Praz, di 2.400 m, ha impiegato 5 anni, corrispondenti a 1,3 metri al giorno. Per quella di St Martin La Porte di 2.400 m, 7 anni, corrispondenti a meno di un metro al giorno. I costi di queste piccole opere hanno più che raddoppiato i preventivi: in più i lavori sono stati oggetto di gravi superficialità circa la vendita di cemento contaminato da gessi, che ha determinato l’abbattimento di numerose opere pubbliche ed edifici privati. Per il tunnel geognostico di Venaus-Chiomonte, pur mantenendone inalterate le caratteristiche, LTF ha raddoppiato il preventivo in cinque anni, ancor prima di cominciarlo. Che attendibilità di tempi e costi può avere nel progettare un tunnel di 58 km?
65) LTF ha mostrato di non aver alcuna preoccupazione di controllare la spesa. La Torino Lione potrebbe rivelarsi non il progetto di un’opera ma il progetto di una spesa fine a se stessa. I maggiori costi delle tre discenderie francesi hanno prosciugato le risorse stanziate nel 2005 per il tunnel di Venaus, e il nuovo appalto di Chiomonte ha raddoppiato il costo di cinque anni prima; tutto ciò pone inquietanti interrogativi. Clamoroso il pagamento di 162.000 euro alla società che gestisce l’autoporto di Susa, per l’occupazione per pochi giorni del posto necessario a fare tre trivellazioni geognostiche di 10 centimetri di diametro.
66) Gli impegni di LTF e dell’Osservatorio potrebbero rivelarsi promesse al vento. Per esempio il Piano di Sicurezza e coordinamento del tunnel geognostico di Chiomonte ricorda che “secondo il riferimento normativo, i cantieri per opere in sotterraneo devono essere provvisti di alloggiamenti per i lavoratori” per evidenti motivi logistici trattandosi di avvicendamenti notturni e per la necessità di avere squadre immediatamente mobilitabili in caso di emergenze; eppure si continua a promettere che i lavoratori saranno ospitati localmente e che i movimenti di terra avranno soluzioni a bassissimo impatto. A parte le delusioni che crea, un progetto che non rispetta gli impegni è destinato a bloccarsi nei contenziosi di ogni genere ed a non avere più fine.
Il progetto del tunnel geognostico di Chiomonte
67) Il tunnel geognostico di Chiomonte è un controsenso: queste opere vengono realizzate il più vicino possibile al tunnel di progetto per conoscere la situazione geologica puntuale. Qui 3.500 metri su 7.000 saranno scavati in rocce assolutamente prive di interesse, lontane dal tunnel in progetto. In seguito il tunnel geognostico incontrerà e seguirà il tracciato del tunnel di base, ma solo per 3 chilometri e mezzo: il tutto al costo di 165 milioni di euro! In compenso il sondaggio si lascerebbe alle spalle gli 8 km iniziali, che sono quelli dove tra il 1995 ed il 2005 la A.E.M. ha raddoppiato i tempi ed i costi della costruzione della centrale di Pont Ventoux a causa della pessima qualità della roccia e delle venute d’acqua che hanno inchiodato la talpa TBM ed hanno imposto di cambiare la localizzazione della centrale.
68) La collocazione di 225.000 m3 di smarino (materiale di scavo) del tunnel di Chiomonte in un sito assolutamente inadatto, che richiede 153.000 metri di fondazioni in getto di cemento da un metro e mezzo di diametro, pare mostrare indifferenza verso l’incremento del costo dei lavori. Si tratta di un deposito risibile alla luce dei 15 milioni di metri cubi di smarino da gestire in seguito. L’intervento pare discutibile anche perché questa struttura non poggia su formazioni rocciose ed andrà molto probabilmente a compromettere i tre piloni alti sino a 47 metri del viadotto autostradale che quasi lo sovrasta, imprimendo spinte improprie al terreno su cui sono fondati.
69) Nella delibera della Regione Piemonte il progetto del tunnel di Chiomonte ha avuto un centinaio di prescrizioni e rilievi. Purtroppo, ogni osservazione, anche quella espressa dai valsusini, circa il fatto che che non si può considerare come definitivo un elaborato con tante sostanziali carenze, si è scontrato con la decisione politica di farlo approvare dal CIPE in tempi stretti. C’è da dubitare che un progetto così inadempiente possa trasformarsi in lavori gestibili e capaci di dare le minime garanzie.
70) Nella VIA per il cunicolo di Venaus del 2007 si criticava duramente l’ipotesi di Chiomonte. Per l’esattezza si scriveva che la scelta di Venaus era dovuta al fatto che due alternative proposte (quella di Chiomonte ed una gemella) erano “penalizzate entrambe dallo scavo in discesa con rischi tecnici e costi maggiori, compresi quelli della sicurezza, e dalla mancanza di fornitura di dati per il primo tratto di galleria dopo l’imbocco”.
Nonostante questa stroncatura, ed i rischi che presuppone, si è scelto di fare il tunnel di Chiomonte, ma la coscienza di fare una scelta sbagliata doveva essere presente nella mente dei progettisti perché nella comparazione delle possibili alternative a Chiomonte è stata tolta l’ipotesi di Venaus per evitare di fare un confronto.
Il progetto della tratta italiana della parte comune
71) Il progetto preliminare presentato a maggio 2010 consiste in 57,2 km della galleria internazionale a doppia canna, sino all’ imbocco nella periferia a valle di Susa, dove verrà installato il grande cantiere che servirà, sia la parte di galleria internazionale, che la galleria di 21 km che passerà sotto il massiccio dell’Orsiera. All’uscita presso il comune di Chiusa di San Michele è prevista la connessione con la linea storica. Questa connessione è un’opera gigantesca che porta le linee ad interrarsi per chilometri in aree abitate nel tratto tra Avigliana e Chiusa, ma il cui sviluppo complessivo ed il cui utilizzo per il momento sono solo da immaginare, dal momento che non è stata presentata la parte successiva tra Chiusa ed il nodo di Torino.
72) L’Osservatorio, su mandato della Regione, ha imposto una soluzione per cui, all’altezza di Rosta, la linea del TAV, invece che proseguire per Venaria, fa una ampia curva sino all’interporto di Orbassano, che raddoppia il percorso. Stante che Orbassano ha perduto la sua funzione con la ristrutturazione aziendale della FIAT, passando dallo smistamento di 3000 vagoni a 300 e dallo sdoganamento di 500 camion a meno di 50, pare assurda la deviazione che allunga il percorso di 10 km, quando si spendono 17 (e forse 35) miliardi di euro per ridurre il percorso del TAV tra Modane e Torino di 20 km. Questo può spiegare la mancata presentazione del progetto da parte di RFI, che non ha mai voluto questa soluzione, e suggerisce che le sorprese non sono ancora finite.
73) La soluzione in destra di Dora non è meno impattante di quella in sinistra: vi sono effetti diversi, un minor impatto per le rocce amiantifere e per la piana di Bruzolo, contro un maggior impatto rispetto a zone densamente abitate come il tratto tra Avigliana e Chiusa. La decisione è stata politica: il progetto era quello ma si doveva far vedere che si cambiava per poter convincere l’Unione Europea che le situazioni di conflitto che avevano portato agli scontri del 2005 erano state superate.
74) Il progetto presentato da LTF nel 2010 non teme di contraddirsi con quello precedente. Nel 2003 lo studio per la VIA diceva che i progettisti avevano escluso di passare sotto il Cenischia “per fortissimi rischi idrogeologici, quali l’ effetto diga sulla falda superficiale“. Anche qui sarebbe stato doveroso che, facendo nel 2010 invece proprio questa scelta, si discutesse il rischio prospettato nel progetto precedente. La sensazione di queste ed altre omissioni è che il progetto sia stato tracciato da una mano politica più che da una mano tecnica.
75) Che ci siano parti del progetto gravemente lacunose è stato evidenziato anche dal pool di esperti che ha lavorato per la Comunità Montana delle valli di Susa e del Sangone esprimendo 108 pagine di rilievi, sui costi e benefici, sui flussi di traffico, sul progetto, sulla sicurezza delle gallerie, sull’impatto sull’ambiente e sulla salute.
La stazione di Susa
77) La stazione internazionale di Susa è un esempio delle assurdità di questo progetto: avremo a Susa una stazione sulla nuova linea, ma senza connessione con la linea attuale, ed a Chiusa di San Michele, 20 km più a valle, una interconnessione tra le due linee, ma senza stazione. Ovviamente, a Saint-Jean-de-Maurienne, sul lato francese, la stazione coincide con l’interconnessione per consentire un proseguimento dei treni o l’immediato passaggio da uno all’altro.
Senza la connessione con la linea attuale, la nuova stazione di Susa non può instradare direttamente i passeggeri destinati alle località sciistiche od ad una qualsiasi altra località: può farlo solo tramite due successivi cambiamenti di mezzo e con le relative attese che, ovviamente, penalizzerebbero l’offerta del servizio rispetto ad altre opzioni. Di fatto è un bluff, perché sarà più conveniente servirsi di Saint-Jean anche per i cosidetti “treni della neve”!
78) La stazione internazionale di Susa è nel solco di un inganno che sfrutta l’ambizione del capoluogo a riappropriarsi di un ruolo più forte. Susa non è nuova a farsi illudere: il centro doganale dell’autoporto fu inaugurato nel 1985 ma chiuso nel 1992 per la eliminazione delle dogane intercomunitarie. Il progetto “Annibale 2000” prevedeva un grandioso centro alberghiero e commerciale, promosso dalla società autostradale come compenso per la perdita dell’attraversamento turistico obbligato della città, ma era così poco realistico che non si arrivò neppure alla progettazione preliminare. Lo stand permanente della “Porta d’Italia” fu inaugurato nel 2001, era un’altra promessa per dirottare su Susa una parte del traffico passeggeri autostradale, ma fu chiuso l’anno stesso… Quindi anche i precedenti fanno dubitare di questo progetto
Si tratterà di un enorme spreco di soldi e di territorio fatto solo per soddisfare una ambizione momentanea.
79) Il futuro turistico di Susa non è legato al turismo ferroviario, perchè nessuno può pensare che da Parigi o da Milano si prenda un treno veloce per fare una tappa a Susa. Oppure che chi è arrivato in valle per la settimana bianca, con gli sci in spalla, decida di farvi una sosta. Il turismo di Susa è legato agli spostamenti con autobus o auto. Ma l’attrazione della città verrà compromessa se nella immediata periferia si impianterà l’enorme cantiere di 3 km di lunghezza (!) a servizio del tunnel di base, con tutti gli impatti ed i problemi che comporta per l‘immagine, il traffico e le polveri. Tale cantiere sarà destinato a costituire, per almeno 20 anni, il vero “ accesso turistico” della città, senza potersi illudere che l’aspetto cambierà dopo.
E’ credibile questa Valutazione di Impatto Ambientale?
80) Anche questa volta, per l’ennesima volta, non è stata una presa in considerazione l’opzione zero, cioè della utilità di sfruttare le strutture esistenti anzichè costruirne delle nuove. Il progetto non si riaggiorna mai e non fa alcuna verifica del pregresso. Come è possibile pensare che con tali paraocchi si possa guardare al futuro?
81) Se nel progetto 2010 il numero di treni Modalohr diminuisce a soli 9 su 63 invece di costituire il 100 per cento, occorre rivedere anche il modello di previsione di LTF che assegnavano proprio ai Modalohr la capacità di attirare traffici merci. Ed anche l’utilità o meno di mantenere la sagoma del tunnel che era richiesta dal loro esercizio. Il tutto potrebbe ridursi a rendere pienamente sufficiente il rinnovato tunnel della linea attuale.
82) La procedura di VIA è stata snaturata sopprimendo il decreto di compatibilità ambientale da parte del Ministero dell’ Ambiente e del Ministero dei Beni Culturali ed affidando la istruttoria al Ministero delle Infrastrutture. Si tratta di procedure illegittime che violano le disposizioni di legge nazionali e le direttive comunitarie, perché il CIPE, che ora decide la compatibilità ambientale, è un organo tecnico economico molto allargato che decide a maggioranza e che, in campo ambientale, non ha né prevalenti interessi né prevalenti competenze. Non c’è più corrispondenza tra la legge applicata e quella che ha recepito le direttive dell’Unione Europea: di fatto non c’è più la garanzia di tutela ambientale tutelata dall’Unione Europea.
83) Anche la pubblicazione dell’ avviso di apertura della VIA non avviene più con i riferimenti agli articoli delle leggi e dei decreti che avevano recepito le direttive comunitarie, come era sempre avvenuto sino a due anni fa, ma con il riferimento ad articoli del codice degli appalti.
84) Per potere presentare il progetto, LTF ha scritto che, secondo il trattato di Torino, essa ha competenza sino a Chiusa: ma non è vero! Il trattato, ratificato dai parlamenti italiano e francese, dice chiaramente che il termine della parte comune è tra Bussoleno e Bruzolo, ed a valle di questo la competenza è di RFI. Di conseguenza LTF non ha titolo per progettare il tratto di 15 km a monte di Chiusa, e neanche di ricevere i relativi contributi. Si tratta di un grosso illecito verso l’Unione Europea, che ha inteso finanziare solo la parte comune e con una aliquota speciale, ma anche di un esempio di una sfrontatezza che non rispetta alcuna verità, neppure la più forte ed evidente.
85) Il progetto della Torino Lione è stato reinserito nella Legge Obiettivo, eppure nella domanda di contributo all’Unione Europea presentata a luglio 2007, che ha dato origine al contributo, si era scritto che “la procedura seguita nel 2005 è variata a seguito del cambiamento della legge di riferimento, e cioè il passaggio dalla Legge Obiettivo alla procedura ordinaria a seguito della decisione del Consiglio dei Ministri del 26 giugno 2006”. I contenuti della domanda di finanziamento sono sostanzialmente vincolanti e dopo le vicende del 2005, di cui il governo europeo era pienamente cosciente, rassicuravano l’Unione Europea che il nuovo progetto non si bloccasse di nuovo per gli stessi motivi. Per l’Italia, tornare indietro e sopprimere le garanzie promesse mette in forse uno dei pilastri del contributo.
86) Il progetto della Torino-Lione è stato presentato a pezzi e per la procedura di VIA questo è illegittimo, perché impedisce di valutare l’insieme degli impatti dell’opera finale. A maggio 2010 è stato presentato il tunnel geognostico, che poi si è ammesso che sarà parte dell’opera principale; successivamente, ad agosto 2010, è stato presentato il progetto della tratta italiana della parte italofrancese, ma senza informazioni su quella francese, anche se si prevede in portare lo smarino in Francia. Ancora dopo, anche se non si sa bene quando, verrà presentato il progetto della parte italiana da La Chiusa sino al nodo di Torino ed infine sarà la volta del tratto compreso nel nodo di Torino.
87) Eppure nel 2003 la presentazione delle due parti era stata contemporanea, e nel 2007 il governo aveva garantito una “governance unitaria” sul tutto attraverso l’Osservatorio; il documento di Pra Catinat titola al punto 2 che: “Una regia unitaria è indispensabile”. Anche perché la Valutazione di Impatto Ambientale prescrive che i progetti siano presentati come opere complessive per evitare che i frazionamenti facciano perdere la veduta dell’insieme e che le approvazioni parziali condizionino poi come “decisioni già prese” le parti da valutare successivamente.
Gli impatti dei cantieri
88) I cantieri producono inevitabilmente rumori, polveri, disturbo, inquinamento e stravolgimento dell’ambiente: l’esperienza della autostrada sembrava aver mostrato tutto quello che non si doveva fare. Per il cantiere della centrale idroelettrica tra Pont Ventoux e Susa fu creata una Commissione Paritetica con i comuni interessati, che si doveva riunire una volta al mese, ed una Alta Sorveglianza dei lavori con poteri di intervento diretto. Ma nella realtà ci vollero tre anni dopo l’inizio dei lavori prima che la Provincia nominasse il suo rappresentante e si potessero fare le prime riunioni, sull’onda del problema della presenza di rocce uranifere che era stato sollevato dagli ambientalisti. Però subito dopo tornò il silenzio, e le proteste degli abitanti di Susa per i camion che attraversavano il centro abitato trovarono il vuoto. Gli organi di controllo servono a poco se gli enti che li sovrintendono sono pregiudizialmente dalla parte di chi fa i lavori.
89) La presenza dei cantieri provoca anche problemi di ingestibilità, perché le amministrazioni locali si trovano nella impossibilità pratica di far rispettare le norme ed i vincoli di legge che dovrebbero assicurare un minimo di tutela agli abitanti. Le imprese di grandi opere pubbliche, ed i loro appaltatori si comportano da padroni e, grazie alla particolare importanza che ha una grande opera, compiono tutte le operazioni che ritengono utili per le loro necessità, anche al di là degli impegni e delle autorizzazioni.
90) Val la pena di rileggere l’esperienza dei sindaci del Mugello in un’intervista pubblicata a marzo 2010: “La prima lezione del Mugello è stata che in una grande opera ti dicono che faranno tutto per bene, che hanno pensato a tutto e che instaureranno un rapporto di piena collaborazione con il territorio: invece sono stati 14 anni di scontri”. “Abbiamo sempre trovato tecnici arroganti, ed anche se avevamo firmato tutti gli atti possibili, ci hanno sempre trattato come dei rompiscatole. Ogni contatto ed ogni rimostranza sono stati per noi un problema. Non abbiamo mai visto azioni preventive, ma abbiamo sempre dovuto rincorrere le emergenze. Si erano fatti una specie di lavaggio del cervello per convincersi che loro, gli ingegneri della grande opera, non potevano sbagliare, e soprattutto non potevamo essere noi a costringerli a riconoscere i loro errori”. “Poi, c’era il problema che ogni cantiere aveva un suo direttore, mentre, per i problemi più ampi, dovevamo mandare le pratiche all’Osservatorio nazionale dove non si sapeva più nulla per mesi e qualche volta non si è più saputo niente”. “Ci trovavamo di fronte a documenti difficili da decifrare e non siamo mai stati supportati: l’Osservatorio presso il ministero ha avuto un ruolo più di calmieratore che di organismo che volesse risolvere i problemi, ed alla fine non è più stato nemmeno nominato”.
91) Uguale impressione si era avuta da un incontro con i sindaci svizzeri dei paesi intorno al tunnel del Gottardo. Nel corso di una visita degli amministratori valsusini insieme a funzionari della regione Piemonte, la delegazione italiana aveva raccolto dai sindaci dei dintorni del cantiere di Bodio uguali amarezze sull’ingestibilità dei cantieri, l’impossibilità di evitare le polveri e l’assoluta mancanza di un loro apporto ai paesi che li ospitano.
92) I cantieri fanno scendere o crollare il valore abitativo delle case dell’intero territorio. La Val di Susa, per via della sua posizione periferica all’area metropolitana gode anche del sostegno della richiesta di chi esce dall’area metropolitana stessa per cercare un ambiente meno congestionato. Ed è l’immagine di tutta la valle che viene danneggiata dal legame con la presenza dei cantieri, anche al di là dei comuni direttamente interessati, e subisce una caduta dei prezzi.
I danni rimangono anche dopo: come ricorda l’esperienza del Mugello, “le ditte che lavoravano sono sparite ed hanno lasciato i cantieri dov’erano. Nel 2010 ci sono ancora le aree di cantiere con baracche, materiali edili, ferro vecchio, discariche”. E’ immediato il pensiero a come resterà tutta la zona Est di Susa dove i cantieri previsti dovranno occupare un’area lunga tre chilometri e larga almeno 300 metri.
93) La valle di Susa è stata per 40 anni oggetto di cantieri per grandi opere: la diga internazionale del Moncenisio, il raddoppio della ferrovia e dei tunnel ferroviari, il tunnel autostradale e l’autostrada del Frejus, poi l’impianto e la centrale idroelettrica di Pont Ventoux, una delle più grandi d’Italia, senza contare le opere minori, quelle in atto e quelle da cui ci siamo difesi, come il raddoppio del maxi elettrodotto; ma questo non può essere una giustificazione per continuare: ora il volume delle grandi opere si avvia esponenzialmente a pregiudicare la vivibilità del territorio.
Il sovraccarico di opere di attraversamento e di cantieri in aree residenziali produce il cosiddetto “effetto Bronx”, dal nome del noto quartiere di New York che, tra le due guerre, è passato da zona urbana con i più ampi parchi della città a luogo simbolo del degrado. Quando rumori e disturbo superano una certa soglia, la popolazione originaria non accetta più il costo dell’affitto e si sposta, facendosi sostituire da una che accetta il disturbo perché può pagare di meno. Questo si riflette nella manutenzione ed innesca una spirale che riduce sempre di più la qualità abitativa. Un effetto del genere potrebbe verificarsi nella fascia abitata più prossima alla linea, sia che gli immobili vengano espropriati sia che restino ai loro proprietari.
94) In territorio francese, si è sempre previsto di indennizzare gli immobili entro 150 metri da una parte e dall’altra della linea, e di comprarli al prezzo di mercato, riconoscendo il disturbo creato dall’ Alta Velocità. In territorio italiano gli acquisti sono limitati agli edifici da abbattere od immediatamente contigui. Si creerà certamente un fortissimo contenzioso sul diverso riconoscimento del disturbo della stessa opera nei due stati comunitari.
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