Cimpello-Sequals-Gemona chi ne beneficia?
A margine dell'incontro del 22 novembre a Lestans sulla Cimpello-Gemona, è veramente sconcertante (e un po' deprimente) assistere a una comparsata di vecchie glorie, amministratori pubblici e rappresentanti confindustriali, che ripropongono la loro ossessione in modo compulsivo e senza pietà per noi spettatori di tesi sempre uguali a se stesse, senza alcun nuovo elemento e soprattutto senza dati obiettivi a suffragio della loro proposta.
Lo ripetiamo ormai da lustri: prima di accapigliarsi su ipotesi di percorso di questa indigeribile arteria, persone che si elevano dalle mere chiacchiere da bar alle quali sono autorizzati i comuni cittadini, devono stabilire la strategicità dell'opera. Per la qualcosa è ineludibile presentare un'analisi costi/benefici. E invece, anche sta volta, nulla di ciò è stato prospettato. Tale analisi, sul versante dei costi, ha dei riferimenti che dovrebbero allarmare: per deficit di traffico è fallimentare la realizzazione della pedemontana lombarda e della Bre-Be-Mi. Ma in tempi e luoghi più vicini a noi, c'è l'esempio della pedemontana veneta che ha prodotto costi alla Regione Veneto pari a 300 milioni annui medi per quarant'anni, a fronte di introiti da pedaggi pari a poco più di 120 milioni. Un disastro per la collettività che si è vista accollare il rischio d'impresa che doveva essere di chi l'autostrada l'ha costruita in regime di project financing, opera riproposta anche ieri sera in Villa Savorgnan a Lestans. L'analoga ipotesi prevista nei documenti della giunta Tondo, immaginava l'iperbolico transito a regime di 55.000 veicoli al giorno. E per quanto ai sostenitori dell'opera interessino niente le ricadute ambientali e l'inquinamento indotto, sono entrambi fattori che vanno ricompresi nella valutazione dei costi.
Sul versante dei benefici, detto che esiste fra Pordenone e Tarvisio un percorso autostradale in parte a tre corsie e nei restanti tratti a due corsie con buone capacità residue (percorso al quale la nuova arteria sottrarrebbe traffico creando verosimilmente problemi di sostenibilità economica), salvo i soliti generici richiami allo sbocco dei mercati settentrionali, i relatori non spiegano nulla sulle possibili ricadute economiche: la nuova autostrada produrrebbe un incremento del Pil regionale? Ne è stata fatta una stima? O è stato valutato l'eventuale incremento della produzione industriale? Ci sarebbe un incremento dell'occupazione? O un miglioramento dei servizi? Può essere quantificato in termini economici l'eventuale risparmio di percorrenza? E si è considerato se è sostenibile il rapporto fra i costi e l'ipotetico risparmio nei tempi di percorrenza? Fra i vantaggi viene menzionato il ripopolamento delle zone montane, ma la letteratura dimostra che il miglioramento dell'infrastrutturazione in taluni casi ha prodotto effettivamente quel risultato e in altri quello contrario. Perché in assenza di un parallelo sviluppo di attività produttive o commerciali, può succedere che un'arteria la porti via i residenti più in fretta.
In conclusione, non riusciamo a cancellare l'impressione che dietro i corifei della Cimpello Gemona ci sia sempre un convitato di pietra: quei portatori di interessi – i costruttori – che a noi sembra siano gli unici beneficiari dell'opera. Da ultimo, ci pare poco consona al ruolo istituzionale del presidente di Confindustria Alto Adriatico la chiamata a raccolta di comitati per il sì: anche perché è un metodo che, invece di un confronto ragionato, tende solo a schierare gli uni comitati contro gli altri armati.
Alberto Durì per il Comitato ARCA