Esiste un nesso tra autostrade e sviluppo? E, soprattutto, ogni autostrada crea sviluppo?
È evidente che la storia dello sviluppo economico italiano, a partire dal dopoguerra, si intreccia con la crescita del sistema viario imperniato sulla rete autostradale. Ma questo è il passato. La domanda che noi ci poniamo, noi che guardiamo al futuro, è: questa autostrada serve a un qualche sviluppo? Di che tipo e di chi?
Vediamo intanto come il raccordo autostradale A23-A28 sia stato concepito. Nei documenti programmatici della Regione questo raccordo viene presentato come un segmento di un più ampio sistema di interconnessione tra il corridoio V Lisbona-Lione-Kiev e l’asse Berlino-Palermo che dovrebbe coinvolgere tutta la regione. Il Friuli dovrebbe diventare, dentro questo quadro di intenzioni, “una grande piattaforma logistica di rilevanza europea”, “una piattaforma di interscambio e crocevia di transito da e per le due primarie direttrici” di traffico, Nord/Sud e Est/Ovest (i virgolettati sono tratti dal Piano Regionale delle Infrastrutture di Trasporto, della Mobilità delle Merci e della Logistica; Quadro conoscitivo, aprile 2010).
Non solo la nostra pedemontana, ma un po’ tutto il Friuli acquisiscono senso, in questi documenti, come crocevia, cioè come un luogo dove circolano le merci, caricate sostanzialmente su mezzi pesanti, e fa dei friulani gli spettatori paganti di questo walzer dei camion. Che vantaggio ne deriva? Cioè: i costi in termini di sottrazione di territorio e di devastazione ambientale sono lampanti, ma quali sono i vantaggi di un’autostrada affollata da camion che, partiti dalle nebbie di Berlino, mirano al canale di Sicilia? Quale sviluppo può portare questo traffico?
Ma torniamo dal sistema Friuli al segmento raccordo A23-A28 che si materializza nel quadro della programmazione regionale quasi d’incanto nel 2009. Fino a quel momento la Regione e la Provincia di Pordenone si erano poste ben diversamente il problema della viabilità locale in pedemontana, ipotizzando la costruzione di una strada che, in buona sostanza, avrebbe dovuto essere la continuazione della Cimpello-Sequals con il tratto Sequals-Gemona, con le stesse caratteristiche (complessivamente erano presenti 8 svincoli). A questa viabilità era assegnato il rango di opera strategica e necessaria. D’improvviso compaiono i privati, nelle persone delle aziende Rizzani de Eccher, Impregilo e Autovie Venete.
Ecco che la strada si trasforma in autostrada e tutte le perplessità che pure si erano avanzate sulle dimensioni dell’opera proposta dalla Provincia si moltiplicano. Almeno per 2, dato che le corsie raddoppiano. O forse per 3, perché il progetto, nella sua schiettezza contabile, non prevede alcuno svincolo in pedemontana: via dritti da Sequals a Gemona, senza nessuna connessione con la viabilità locale. Ecco allora che tutto torna. L’autostrada serve a chi la fa. Produce sviluppo, cioè profitti, a chi la costruisce: grandi imprese, con i loro tecnici e i loro mezzi che, nella migliore delle ipotesi, potrebbero offrire lavoro precario e di basso profilo per il periodo della cantierizzazione. Poi tutti a casa, salvo i responsabili della manutenzione e della sorveglianza. Qualche decina di persone. Tutto qui lo sviluppo.
Ma se torniamo al già citato documento della Regione, scopriamo un’altra cosa interessante: quando a pag. 20 si parla dell’asse Berlino-Palermo, si parla di “asse ferroviario” non viario. Ecco che va in frantumi anche lo sbandierato contesto europeo entro cui il raccordo dovrebbe porsi. Non esiste neppure un contesto europeo di sviluppo a cui fare riferimento, non solo regionale o locale. Per porsi dentro questo contesto si dovrebbe ragionare di centri intermodali (luoghi di passaggio dalla gomma alla rotaia all’acqua). Di tutto meno che di nuove autostrade. Questo per essere europei.
Torniamo a immaginare che questo raccordo autostradale sia, comunque, fatto.
Quale impatto positivo avrebbe sulla pedemontana, sulla sua economia, sulla mobilità dei suoi abitanti? Perché su questi parametri si può valutare lo sviluppo. Crediamo. Partiamo dalla mobilità. La mobilità locale sarebbe danneggiata dalla costruzione dell’autostrada. La Cimpello-Sequals verrebbe trasformata da superstrada a 2 corsie ad autostrada a 4 corsie. Quali sarebbero gli effetti di questo passaggio di stato? Trascuriamo per un momento che quella strada, pagata dai contribuenti italiani, sarebbe regalata alle imprese costruttrici dopo 15 anni di funzionamento; bene: la Cimpello-Sequals diventerebbe autostrada a pagamento con un ticket di circa € 5 e con la soppressione dell’uscita di San Giorgio della Richinvelda. In che modo un ticket potrebbe favorire lo sviluppo? Quale vantaggio potrebbero trarre le aziende che gravitano sulla coltivazione della vite dalla chiusura di uno svincolo? E tutti a ripercorrere le vecchie provinciali per andare a Pordenone o Spilimbergo! Alè, come ai vecchi tempi. Chi guarda al passato e chi al futuro? Chi pensa alla vita di tanti e chi al profitto di pochi?
Non solo. L’accesso ai fondi agricoli verrebbe reso difficoltoso da una muraglia in rilevato con pochi sottopassi che costringerebbe a giri oziosi, e i fondi stessi verrebbero frazionati perdendo di valore come le case. O qualcuno pensa che l’agricoltura in questo territorio non abbia nessun peso economico?! Andatelo a raccontare a Rauscedo o a Valeriano.
Ma le aziende avrebbero un più rapido accesso alla rete autostradale europea. Qualcuno obietta. Non è così. Le aziende del nostro territorio non movimentano centinaia di tir, e caso mai possono avere il problema del tragitto autostrada azienda, problema che non verrebbe risolto da una nuova autostrada. Che bisogni mettere mano alla viabilità locale eliminando strettoie e rallentamenti è un fatto. Che questo obiettivo non si raggiunga per mezzo della costruzione di un’altra autostrada è un fatto altrettanto evidente.
Inoltre sappiamo anche (dati demografici del Canal del Ferro e della val Cellina) che le strade costruite negli ultimi decenni non hanno ridotto lo spopolamento della montagna, e non hanno nemmeno fatto sorgere nuove industrie, anzi alcune hanno comunque chiuso.
Veniamo a un ultimo punto: la vocazione turistica della pedemontana. Qui si dovrebbe aprire un discorso serio e autocritico sulle “tentazioni turistiche” che questo territorio non ha saputo organizzare, sulle diffidenze, sui provincialismi. E non è questa la sede. Ma comunque: sarà un’autostrada che ci attraversa ad aprirci al mondo? O non piuttosto altre vie, alte strade, molto più slow, molto più charmantes, popolate di ruote ronzanti, costellate di frasche riparate e accoglienti per cicloturisti sudati?
Allora alla fine facciamo due conti.
Questa autostrada non è realizzata tutta in project financing, come si ama dire, ma per un quarto (l’attuale Cimpello-Sequals) l’abbiamo già pagata noi: regalare soldi alle imprese costruttrici non è sviluppo.
L’autostrada non ha alcuna ricaduta positiva sull’economia reale del nostro territorio: e questo non è sviluppo. L’autostrada produce profitti solo per le grandi aziende che oggi ci sono e domani vanno via: e questo non è sviluppo.
L’autostrada rende peggiore il nostro territorio ipotecando ogni possibile crescita per il futuro: e questo non è sviluppo.